Si tratta di un gruppo di arabi detenuti in Israele per attentati e
sparatorie, con agganci anche in alcune città di Giudea e Samaria (West Bank).
L’operazione avrebbe dovuto aver luogo lo scorso aprile, dopo la scarcerazione
di alcuni di loro.
I tre terroristi, Abd al-Rahman Uthman, Issam Zin-Eddin e Ibd Alatim Ibd
Alhaq avevano iniziato a pianificare gli attacchi da dietro le sbarre già dal
2012 e avevano organizzato quasi tutto, grazie alla collaborazione esterna di
Bani Fadil e altri palestinesi. All’interno del carcere avevano reclutato molti
altri collaboratori, avevano ottenuto dei finanziamenti dall’organizzazione
terroristica Hamas – che governa Gaza – e avevano addirittura rimediato armi e
altre forniture per i rapimenti: non restava loro che essere scarcerati. I
primi ad essere catturati dalla cellula terroristica sarebbero stati i soldati
di guardia presso i posti di controllo di Ariel, Yitzhar e Hawara, in Samaria
(o West Bank).
Tutte le comunicazioni avvenivano grazie ai cellulari di contrabbando
portati dai famigliari dei terroristi durante le visite in carcere.
Dalla scarcerazione
di 1.027 terroristi in cambio del soldato Gilad Shalit, rapito dagli uomini
di Hamas nel 2006 e rilasciato nel 2011, le forze di sicurezza hanno
sventato decine e decine di rapimenti ai danni dei cittadini israeliani,
e il
tasso dei tentativi è salito in maniera esponenziale, come se il caso
Shalit avesse creato un precedente importante. Alla luce di questa situazione,
i deputati della Knesset – il Parlamento israeliano – hanno deciso di portare
avanti un disegno di legge che vieti la scarcerazione dei terroristi e permetta
alla Giustizia di condannarli all’ergastolo senza condizionale.
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